L’attenzione crescente verso misure sempre più incisive di contrasto della maladministration si è tradotta negli ultimi anni in una riforma radicale in grado di incidere significativamente sui criteri di fondo dell’azione dei pubblici poteri per la cura degli interessi cui sono preposti. Questo processo, non ancora definitivamente assestato, si è inserito in una fase, già avviata da tempo, di diversificazione e arricchimento delle formule tradizionali di organizzazione della pubblica amministrazione, assistendosi sempre più spesso al ricorso ad assetti organizzativi privatistici, o che si caratterizzano per la commistione di profili diversi, in funzione della cura e della gestione di interessi pubblici. Il combinarsi di questi due fattori ha determinato per una vasta platea di soggetti organizzati nelle forme di diritto privato (società commerciali prima di tutto) la necessità di conformarsi non solo alle disposizioni consolidate che regolamentano enti e società di diritto privato, ma anche al complesso apparato regolatorio in materia di trasparenza e di contrasto e prevenzione della corruzione dettato per le amministrazioni pubbliche; o, per meglio dire, nello scenario attuale, per tutti i soggetti chiamati alla cura e gestione di interessi pubblici, nella molteplicità delle svariate forme sperimentate dalla prassi e consentite dall’ordinamento. La necessità di evitare una lettura in chiave di mera moltiplicazione delle incombenze e degli obblighi, senza la dovuta attenzione alle implicazioni che ne derivano, si traduce in una complessa opera di coordinamento tra i due piani della regolamentazione, tra le ragioni di una crescente pervasività della disciplina rivolta a tutela degli interessi pubblici e le esigenze di contenimento degli oneri gestionali privati, sui cui esiti, non ancora definiti, incide l’opera di mediazione attuativa svolta dall’ANAC. In questo contesto, emblematico è proprio il tema della responsabilità da reato delle società e degli enti privati (d.lgs. n. 231 del 2001), oggetto negli anni di interventi di implementazione impetuosa ma non sempre coordinati. L’intrecciarsi di questa disciplina con le disposizioni sempre più penetranti in tema di trasparenza e contrasto della corruzione nelle amministrazioni pubbliche, nel quadro variegato e ancora in divenire descritto, comporta per gli operatori del settore coinvolti nei diversi ruoli la necessità di confrontarsi con un complesso regolatorio che non sempre appare rispondere ad una prospettiva sistematicamente coerente e pienamente consapevole delle ricadute che ne derivano, dovendo però operare scelte che impattano sulla gestione e sulle ordinarie forme di compliance societaria. La volontà di evitare i rischi di una applicazione solo difensiva e formale del complesso apparato regolatorio che è derivato, che ne tradirebbe il senso intimo non meno di una superficiale interpretazione indifferente rispetto alle diverse implicazioni coinvolte, è alla base di questo approfondimento, teso ad analizzare lo stato dell’attuazione delle disposizioni di cui al d.lgs. 231/01 nell’interpretazione giurisprudenziale e a proiettarne gli esiti sulla disamina del parallelo percorso di coordinamento con le peculiarità della disciplina in tema di trasparenza e contrasto della corruzione nelle amministrazioni pubbliche.