Miron Costin (1633 – 1691), la personalità più significativa della letteratura romena del Seicento, ha seguito il corso degli studi in un collegio gesuitico, quello di Bar, importante centro mercantile che la regina di Polonia Bona Sforza recinse di mura possenti e battezzò con un nome che ricordava Bari, la sua patria di adozione.
Militare, diplomatico e statista, apparteneva a quella fazione della nobiltà moldava che si attendeva da Varsavia la liberazione dal giogo ottomano. Esiliato più volte in terra polacca, finì i propri giorni sotto la mannaia del carnefice, ingiustamente accusato di avere tramato contro il potere politico.
Stimolato dalla volontà patriottica di offrire una rassegna del proprio passato a un popolo che ne era privo e rischiava di rimanere del tutto sconosciuto sulla scena europea, scrisse una Cronaca di Moldavia dal voivoda Aron in poi; sollecitato dall’urgenza polemica di rispondere a quegli autori che negavano le origini latine della nazione romena, attestate da inoppugnabili dati linguistici, culturali e folclorici, ne rintuzzò le tesi in un’opera incompiuta, Della stirpe dei moldavi, da quale paese sono usciti i loro avi.
La sua fama si lega al poema La vita del mondo, che sviluppa taluni motivi, la fragilità delle sorti umane e la fuga inarrestabile del tempo, che affondavano lontane radici nella lirica dell’antichità classica e che l’autore rilegge con l’esasperata tensione della sensibilità barocca.