La Foggia degli anni ’90 sotto scacco di una mafia feroce e pervasiva, raccontata nelle parole della figlia di Francesco Marcone, funzionario di Stato, ucciso dalla criminalità organizzata perché volle impedire un collaudato sistema di evasione fiscale. Nelle parole del figlio e della nuora di Giovanni Panunzio, ucciso in un agguato mafioso perché denunciò i propri estortori. Nelle parole di Mario Nero, testimone di giustizia che ha pagato la sua testimonianza con la famiglia distrutta e una vita da apolide. Nelle parole di chi combatte da decenni contro l’usura e il gioco d’azzardo.
E la Foggia dei nostri giorni, dove a prendere parola sono anche persone solitamente invisibili. Il bracciante sfruttato, il migrante diventato forzatamente irregolare, il ludopatico che ha sperperato vita e famiglia, il commerciante vessato dall’usuraio. C’è anche l’archeologo che non si rassegna all’oblio della storia cittadina. E c’è anche il parcheggiatore abusivo.
Si disvela un territorio, con le sue periferie urbane e dello spirito, dove insistono disuguaglianze, marginalità, soprusi e violenze. Periferie “brodo di coltura” e terreno di conquista di chi agisce col malaffare e nell’illegalità.
Ma appare anche una città che mantiene viva la memoria di chi non ha voluto sottostare al ricatto mafioso negli anni ’90 e di tutte le altre vittime innocenti, insieme alla città solidale e a quella che si ribella apertamente alla cultura mafiosa per ricominciare ad apprezzare “la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso, dell’indifferenza, della contiguità e della complicità...”.