Principio dotato di grande capacità espansiva e duttilità applicativa, il mutuo riconoscimento dal terreno elettivo d’origine del mercato comune e della libera circolazione delle merci si è esteso progressivamente ad altri ambiti, tra cui quello della cooperazione giudiziaria penale, divenendo con il Consiglio europeo di Tampere del 1999 la «pietra angolare» per la costruzione di uno Spazio di Libertà, Sicurezza e Giustizia comune, in cui i diversi sistemi giuridici nazionali potessero coesistere in un pluralismo ordinato.
Una irriducibile vocazione polimorfa sembra connotare il canone de quo: lungi dall’essere riconducibile ad uno schema settoriale monolitico, esso si articola invece secondo cadenze multiformi, assumendo tratti poliedrici, che ne implicano declinazioni variabili, come dimostra l’analisi di alcuni dei più emblematici istituti di cooperazione giudiziaria allo stesso improntati.
Lo studio si sofferma su tali profili, esaminando, tra le molteplici discipline ispirate al mutuo riconoscimento in materia processuale quelle che paradigmaticamente manifestano la descritta proteiforme configurazione del principio, muovendosi in modo netto nella prospettiva di influenzare i rapporti tra norma e interpretazione, tra legislazione e Corti, interne e sovranazionali.