Da quando il 16 agosto 1971 Nixon ha sospeso la convertibilità del dollaro in oro ponendo fine al sistema di Bretton Woods si è aperta un’epoca di crescita economica senza precedenti. Nixon stesso dichiarò che si sarebbe lavorato nei mesi successivi per definire un nuovo sistema finanziario internazionale, ma non se ne fece nulla. Da allora è sempre stato più comodo ricorrere a nuove iniezioni di liquidità per sostenere la crescita. Nei primi 15 anni di espansione l’inflazione ha rappresentato un poco piacevole effetto collaterale, poi è sparita: il sistema capitalistico ha potuto crescere aumentando il benessere di molti e generando uno dei periodi più fruttuosi in termini di innovazione e sviluppo di novità per il consumatore. Per chi ha dovuto gestire aziende, questi cinquant’anni sono stati facili. Crescita del PIL, denaro disponibile a basso costo (almeno dopo la fine degli anni ‘80), nuovi mercati da conquistare e innovazioni tecnologiche da sfruttare. Sebbene la crisi finanziaria del 2008 sia stata certamente dura, è stata di breve durata. È stata un terremoto che ha fatto molti danni, soprattutto nel suo epicentro, il sofisticato sistema finanziario delle grandi banche di investimento americane, e che si è propagato con scosse che hanno fatto danni e, soprattutto, generato paura, come nel caso della crisi del debito sovrano europeo nel 2010. Nel 2020, un’altra scossa, dovuta alla Pandemia, con epicentro al di fuori del sistema economico finanziario, ha colpito anche il sistema economico con effetti, seppur diversi dalla crisi finanziaria, ancora da valutare nel loro complesso ma certamente enormi e duraturi. Saranno effetti con impatto sul consumatore, sulla domanda, sui modelli di business: sarà un cambiamento soprattutto dell’economia reale. La pandemia ha segnato il momento in cui il mare ha cominciato ad incresparsi: la crescita rimarrà instabile per alcuni anni, le imprese dovranno competere per l’accesso al capitale con i governi e, spesso, dovranno averli come finanziatori con costi diretti ed indiretti ancora da valutare e, soprattutto, il consumatore cambierà il suo ABC (Abitudini, Bisogni, Costumi) in modi inaspettati e imprevedibili. Questi appunti hanno lo scopo ambizioso di fornire ai manager di domani teorie solide per affrontare un mare meno calmo degli ultimi 50 anni. Come dice il proverbio napoletano quando il mare non è calmo non proprio tutti possono essere marinai e questa è una gran bella notizia per i manager di domani: se impareranno bene le teorie e le tecniche di direzione e gestione aziendale la loro capacità farà la differenza nelle decisioni aziendali.
I capitoli di questo libro raccolgono spunti e teorie manageriali degli ultimi decenni anni, cioè da quando a Boston un gruppo di professori dell’Harvard Business School si chiesero come le varie funzioni aziendali debbano essere coordinate in modo univoco e coerente. Questi professori inventarono la strategia aziendale. Da allora le teorie davvero solide ed utilizzabili dai manager in azienda si sono contate sulle dita di una mano. Si potrebbe discutere se siano tante o poche, ma non si può discutere che ancora oggi poche di queste siano davvero comprese e applicate da chi sta facendo il manager o si sta preparando per questa carriera. Le teorie che qui discutiamo possono essere utili per tutti i manager di aziende siano esse di grandi dimensioni e strutturate con miliardi di fatturato o siano delle piccole realtà locali. Le buone teorie, come ad esempio la teoria della gravità, hanno questa caratteristica: sono sempre utilizzabili perché definiscono chiaramente i nessi di causa ed effetto.