Che la figura del communiter gerere/gestum sia ambigua, senza una sua propria autonomia, dalla natura alquanto ibrida, al crocevia fra la societas – rispetto alla quale manca l’elemento consensuale –, la communio – di cui va colto il momento dinamico della gestione –, e la negotiorum gestio – con cui presenta un’indubbia affinità di concezione nonostante manchi il requisito della estraneità degli affari –, sembra cosa certa, stando alla mancanza di uniformità di soluzioni che le fonti lasciano intendere. Del resto, proprio questa sua ambiguità sostanziale condiziona inevitabilmente la individuazione dello strumento di tutela adeguato. Si registra il ricorso ora all’actio pro socio, ora all’actio communi dividundo, ora ad un actione teneri ex communiter gesto, ora ad un’actio in factum, e talvolta sembra persino affacciarsi l’ipotesi di un’actio negotiorum gestorum, sebbene in testimonianze ritenute sospette. Avremo modo di constatarlo.