Il volume raccoglie quattro saggi sulle cronache moldave dei secoli XV-XVIII. Il primo illustra le origini, le ragioni e l’evoluzione delle più antiche, quelle redatte in bulgaro-macedone, la lingua che svolse a lungo, come il latino in Occidente, la funzione di strumento della comunicazione civile, religiosa e culturale tra le popolazioni dell’Europa orientale. Il secondo analizza i contenuti e le finalità delle introduzioni che da una certa data prendono a corredare le narrazioni cronachistiche e che si configurano quali manifesti della visione del mondo negli autori del Seicento e del Settecento. Il terzo e più corposo saggio esamina il crescente interesse degli annalisti moldavi per la minaccia ottomana, apparsa sul proscenio d’Europa a sconvolgere l’assetto geopolitico e a inquietare l’opinione pubblica, soprattutto all’indomani della caduta di Costantinopoli. Ignorato o appena accennato nelle prime trattazioni, il pericoloso nemico di civiltà e di fede impone l’allarmante presenza in quelle successive, si ritaglia un posto di rilievo nelle opere degli storiografi e nell’immaginario collettivo delle popolazioni del Vecchio continente. Per i fedeli dell’ecumene cristiana il Turco ‒ spietato, miscredente, immorale e libertino ‒ passò con il trascorrere del tempo a rappresentare l’Altro da sé, l’esecrabile antagonista in cui si addensavano le miserie e le malvagità dell’uomo. L’ultimo saggio rilancia e integra una nostra ipotesi sul dono offerto al principe di Moldavia Antonio Rosetti e descritto nelle orazioni encomiastiche in lingua polacca a lui indirizzate da Miron Costin nel corso delle festività natalizie del 1676. Non le volute dedaliche di un giardino reale, come è stato in genere sostenuto dagli storici della letteratura romena, ma un ludo letterario che si ispirava alla poesia artificiosa esemplificata nelle eleganti tavole premesse all’opera Primus Calamus del poligrafo spagnolo Juan Caramuel y Lobkowicz e forse non ignorava le sperimentazioni di poesia visiva del bielorusso Simeon Polockij, uno tra i promotori del processo di occidentalizzazione della cultura slava orientale.