Molteplici sono le ragioni che hanno ostacolato il tempestivo intervento del legislatore statale per la regolamentazione delle più innovative applicazioni della scienza medica.
Ad una difficoltà di assecondare la dinamicità della conoscenza in continua evoluzione, occorre aggiungere l’impatto provocato dalla alterazione di tradizionali categorie giuridiche, soprattutto se in grado di interferire con tematiche eticamente sensibili che riguardano, ad esempio, la definizione di nascita o di morte della persona.
Accanto a persistenti vuoti normativi, che hanno impedito una soddisfacente disciplina degli stati terminali dell’esistenza umana, ha invero fatto da contrappunto, in direzione contraria, l’eccessiva pervasività della legislazione in materia di procreazione assistita.
L’inadeguatezza del prodotto normativo fino ad oggi elaborato ha inesorabilmente provocato un accentuato attivismo dei giudici di ogni ordine e grado chiamati a rispondere alle legittime aspettative provenienti dal corpo sociale. Anche se, in taluni casi, proprio il ricorso ad una interpretazione costituzionalmente orientata ha condotto a soluzioni non sempre condivisibili.
Non minori perplessità hanno pure destato quelle pronunce che hanno giustificato, per ragioni compassionevoli e pietose, la deroga alla disciplina vigente per avviare l’erogazione o la stessa sperimentazione di rimedi terapeutici, poi rivelatesi del tutto inconsistenti.
Accanto all’analisi della giurisprudenza costituzionale sugli ambiti della discrezionalità legislativa, coerentemente al canone della ragionevolezza scientifica, i contributi contenuti nel volume si sono allora prevalentemente dedicati all’approfondimento delle modalità di elaborazione del giudicato da parte del giudice ordinario ai fini dell’accertamento, nella veste di peritus peritorum, del nesso di causalità tra fatto ed evento.