Il nome del barone Consalvo Ferrante de Bernaudo (1503? +1578) è certamente noto a coloro che si sono già occupati dell’eterodossia della Napoli del Cinquecento. La sua condivisione delle idee religiose del teologo spagnolo Juan de Valdes e la frequentazione dei circoli valdesiani gli costeranno ben due processi da parte del Sant’Uffizio. Che ruolo ebbe all’interno del movimento valdesiano? Sicuramente non di semplice comprimario ma di vero e proprio punto di riferimento. Infatti, sovente si riscontrano negli atti processuali riferimenti alla secta del barone de Bernaudo, il che lo rende personaggio degno di ulteriore indagine storiografica nel lungo elenco degli “incriminati per fede” del Cinquecento. La disamina dei due processi subiti per eresia ci consegnerà un personaggio tanto impetuoso quanto irriverente al cospetto degli inquisitori, ostinatamente orgoglioso delle sue posizioni religiose che, travalicando la dottrina valdesiana, assurgeranno a convincimenti luterani. Prova ne è, che in un incartamento anonimo custodito nell’Archivio General de Simancas, de Bernaudo viene definito come il «il più grande lutherano del Regno di Napoli». Si vedrà inoltre, che il barone, per alcuni comportamenti, fu anche calvinista.
Nello studio sono stati analizzati e approfonditi anche alcuni aspetti relativi alla gestione amministrativa da parte del barone dei feudi di Bernauda e Montacuto (attuali Bernalda, in provincia di Matera e Montaguto in provincia di Avellino), contribuendo a rafforzarne l’immagine di puntiglioso contestatore delle pretese fiscali
spagnole.
Dalla vicenda del secondo processo (1562-1568) subito dal de Bernaudo, emergerà la vicenda dell’infelice matrimonio di Cornelia, figlia primogenita del barone, con il potente spagnolo Juan de Soto, segretario del Regno di Napoli negli anni 1558-64.
Ne scaturirà un volto femminile poco conosciuto ma estremamente interessante nel suo disperato tentativo di sottrarsi ai costumi sociali dell’epoca.