L’opera fornisce un contributo allo studio delle banche popolari alla luce dell’evoluzione del plesso dispositivo di riferimento e delle profonde trasformazioni che hanno interessato il sistema delle banche cooperative nel corso degli anni.
Il recente intervento normativo ad opera della c.d. “Legge Capitali” – che ha raddoppiato il limite dell’attivo entro il quale è consentito alle banche popolari di mantenere la forma cooperativa – rappresenta lo spunto per una rinnovata indagine in merito alla incerta riferibilità dello schema organizzativo della società cooperativa agli enti creditizi di cui trattasi. In tale contesto, il lavoro ripercorre dapprima l’evoluzione del concetto di mutualità nelle banche in parola, per poi soffermarsi sulla successiva metamorfosi del paradigma “banca popolare”. Particolare attenzione viene dedicata all’esame delle caratteristiche strutturali e dell’operatività delle banche popolari sotto-soglia, evidenziando altresì le specificità riguardanti le banche popolari quotate. Completa l’indagine la individuazione delle peculiarità che contraddistinguono gli assetti partecipativi delle “popolari” residue – in ragione, tra l’altro, del maggior peso oggi ascrivibile ai titolari di azioni di finanziamento nella struttura di governance e dei noti fenomeni di associazionismo fra soci – e dei conseguenti riflessi sulla nozione di interesse sociale ravvisabile in tali banche.
La trattazione evidenzia l’intento del legislatore di operare un delicato bilanciamento fra logiche di mercato e l’esigenza di preservare la funzione sociale ascrivibile alle banche in parola. In questa prospettiva si spiegano alcune soluzioni normative, esaminate nel corso dell’analisi, che esplicano riflessi immediati sulla definizione
del modello “banca popolare” e sul ruolo di tali istituti in ambito creditizio.