Quello del salario minimo legale è un tema obiettivamente complesso in quanto, data la sua multidisciplinarietà, viene ad investire competenze economiche, giuridiche, sociologiche, di relazioni industriali ed altre. La questione è ancora più articolata se si considera la sua dimensione sovranazionale e la circostanza che le scelte di politica legislativa interne devono necessariamente fare i conti non solo che le complessità del sistema domestico, ma anche con i vincoli dettati a livello comunitario.
La crisi finanziaria iniziata nel 2008 è concisa, non casualmente, con la crescita dei tassi di povertà (anche tra i lavoratori, c.d. working poors) e con la diffusione di lavori poco protetti (anche nell’ambito di sottotipi negoziali), facendo emergere in maniera ancora più significativa le disuguaglianze (sia all’interno dei singoli Paesi che nel raffronto tra i cittadini dei diversi Stati membri dell’Unione europea, tanto più a seguito dell’ampliamento dei confini della stessa).
Proprio per tali ragioni (e non solo) negli ultimi anni l’interesse delle istituzioni europee rispetto alle tematiche retributive è andato progressivamente crescendo (sia per la salvaguardia dei principi fondamentali dell’UE, sia per il timore dei rischi connessi a fenomeni di dumping sociale e salariale), essendo finanche inserite nell’agenda 2020 della Commissione presieduta da Ursula von der Leyen.